Human Resources, Humanistic Management, Aule, Cose Miste Fabrizio Re Garbagnati Human Resources, Humanistic Management, Aule, Cose Miste Fabrizio Re Garbagnati

Inspiring Quotes

The classics can console. But not enough.
— Derek Walcott

Ho cercato una risposta ad una domanda difficile:

PER FACILITARE L’USCITA DALLA CRISI, SU QUALI ELEMENTI LA FORMAZIONE DEVE INVESTIRE?

Nei momenti difficili della mia vita, queste parole tornano, le leggo come se le leggessi per la prima volta. Ed ecco che queste parole arrivano anche qui, si legano alla parola crisi e cercano una risposta.


“The classics can console”.

Ancora una volta, la mia formazione personale mi spinge a pensare che, per uscire dalla crisi, oggi sia necessario iniziare dall’analisi del proprio passato, cercare una prima chiave nei modelli, nel terreno fertile della conoscenza, in ciò che ogni azienda ha nel suo patrimonio genetico.

Tutto ciò perché le organizzazioni sono luoghi umani, ricchi di storia, di tradizioni, di ritualità ripetuta e di simboli, da leggere come diverse unità stratigrafiche sovrapposte e indissolubilmente legate tra loro. Come nella storia antica, inoltre, anche le aziende vivono nel tempo e, nelle molte evoluzioni, possono presentare periodi molto diversi tra loro, come accade per le civiltà del passato. Fa la differenza, oggi, per chi fa formazione, leggere ogni singolo strato del passato, per meglio orientarsi nel presente aziendale, comprendendone fino in fondo le radici.


“But not enough”.

Per il presente, il lavoro della formazione è di elaborare il passato, saperlo raccontare nello spazio sospeso delle aule, innestando sul passato le idee nuove, che spesso sono conoscenza ancora tacita in azienda. La formazione oggi deve investire lavorando sul creare occasioni per questo spazio, proteggendo il tempo necessario per farlo. Aule, aule e ancora aule, dove l’investimento maggiore è il costo del tempo e dello spazio necessario alle persone per pensare.

Grazie, Derek, ancora una volta!

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Fabrizio Re Garbagnati Fabrizio Re Garbagnati

Emozionarsi in aula

Succedono cose strane, quando la formazione che fai arriva in un momento particolarissimo della vita professionale dei partecipanti. 

Succede che sei tu, a ringraziarli alla fine del percorso, per la generosità e la profondità con cui si sono aperti, per le emozioni in gioco, per quanto mi hanno reso parte delle loro emozioni.

E per l'allegria, i colori, la freschezza che hanno condiviso in questo maggio un po' grigio. 

Grazie, belle mie. 

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Inspiring Places

La cucina come luogo di collaborazione, di incontro tra leadership e condivisione, un progetto bello, fresco, in giro per le sedi italiane di una azienda con cui lavoro dal 2008.

Gli spazi incantevoli di Foodlab a Torino, la cura per i dettagli.

Ed una frase di Gualtiero Marchesi, dipinta a mano su un piatto, offre lo spunto per iniziare a chiacchierare dei temi del giorno dopo, ma nel tempo morbido di questa sera di primavera, con le luci degli interni che incontrano il buio del cortile.

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Una voce fuori dal coro

Sono cresciuta leggendo, tra mille altre cose, moltissime tragedie greche, nelle quali la voce ed il punto di vista del coro aggiungono informazioni importantissime sull'intreccio, moltiplicando emozioni e punti di vista. Mi sono però spesso innamorata del ruolo del corifeo, che si esibiva in piena autonomia, rivoluzionando o ampliando quanto detto dai coreuti.

Ho studiato in una facoltà in cui il silenzio e il lavoro individuale erano considerati un valore. E sono infine stata catapultata nel mondo del management, del business e degli MBA, in cui il team working è enfatizzato in ogni singolo capitolo dei libri del settore.

Oggi anche io in aula spesso parlo di lavoro di gruppo, cercando però di mantenere saldi il senso e l'importanza, in alcuni casi ed in alcuni contesti, del lavoro individuale.

Leggo perciò con infinito piacere un articolo dell'ultimo numero italiano della Harward Business Review, dove si riporta l'intervista a J. Richard Hackman, Professore di Psicologia Sociale ed Organizzativa ad Harvard, sul tema delle condizioni di efficacia dei gruppi di lavoro.

Hackman è un po' un moderno corifeo, per la sua visione decisamente controcorrente del lavoro in team, o, per lo meno, per il fatto che non accetti a priori l'idea secondo cui lavorare in team renda tutti più produttivi, più creativi e, in definitiva, più felici e motivati.

Quali sono, allora, le condizioni per fare in modo che un team esprima il suo potenziale? E quali gli errori e le false credenze da evitare?

Leggerlo attraverso le belle parole di un autore serio, lucido ed appassionato come Hackman è un regalo per l'anno nuovo.

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Mescolare i colori

Ci sono dei temi che diventano i temi del proprio cuore. E nulla li smuove, nonostante gli anni.

Per me, la contaminazione è un racconto continuo, che cerco, che racconto a mia volta nelle aule, che diventa il punto di contatto tra ciò che ho studiato ed il mio lavoro di oggi, l'equilibrio nella mia, di storia. 

Catullo contaminava da Callimaco, da Saffo, dalla sua passione politica, dalla luce che raccoglieva a Sirmione. 

Lì segno l'inizio del mio considerare la contaminazione lo strumento più utile di management.

Ma forse, questa storia inizia ancora prima, dalle favole fisiche che mio padre inventava per me, e che mia madre illustrava mescolando i colori.

Ed eccomi qui, oggi, di fronte a questa pagina bellissima di "Vedere il giorno", un libro intenso di Emma Giuliani, che ha un posto importante nella mia stramba biblioteca manageriale.

Mescoliamo i colori, contaminiamo.

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"Per progettare bene serve leggere tanto"

Cosi mi diceva sempre il mio migliore maestro. Ed in questi giorni malinconici di fine agosto in cui bisogna pensare e progettare per l'anno prossimo, io vado in montagna per il weekend ed in valigia metto fogli bianchi e libri belli.

[...] sugli alberi noi trascorrevamo ore e ore, e non per motivi utilitari come fanno tanti ragazzi, che ci salgono solo per cercar frutta o nidi d'uccelli, ma per il piacere di superare difficili bugne del tronco e inforcature, e arrivare più in alto che si poteva, e trovare bei posti dove fermarci a guardare il mondo laggiù [...]

(Italo Calvino, Il barone rampante)

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Inspiring books

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Luglio è il mese giusto per farsi un regalo, prima delle vacanze.

Ecco un regalo bellissimo, che mi viene facile immaginare nella valigia di così tante persone che farei fatica a comprarne una copia per tutti.

"Come diventare un esploratore del mondo" è un quaderno di appunti e suggerimenti per documentare e osservare il mondo che ci sta attorno come se non l’avessimo mai visto prima. Una raccolta di idee ispirate dai grandi pensatori e artisti della nostra epoca che Keri Smith reinterpreta e mette in pratica attraverso un racconto fatto di illustrazioni e fotografie.

L'autrice è una delle donne che vorrei incontrare nella mia vita, la adoro e si sa!

In questo libro invita gli "esploratori" di ogni età a volgere uno sguardo nuovo su ciò che li circonda e a guardare il mondo con occhi nuovi e curiosi. Nessuna regola, solo qualche consiglio, ai quali si accompagnano citazioni di scrittori, filosofi, musicisti: guarda, considera ogni cosa come viva e animata, documenta le tue scoperte, osserva il movimento e cerca di carpire il messaggio segreto nascosto in ogni angolo del mondo.

Un libro da scarabocchiare, modificare e completare per tenere traccia della realtà in cui viviamo e scoprirne un volto nuovo, inedito e speciale.

Come fare a non comprarlo per progettare con occhi nuovi tutti i lavori del prossimo autunno? :)

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Comunicazione interculturale

Solo a me questa foto delle mie ultime vacanze fa venire in mente che ho proprio voglia di rileggere Geert Hofstede, papà della comunicazione interculturale? diversità

"L'acquisizione delle abilità di comunicazione interculturale passa attraverso tre fasi: consapevolezza, conoscenza e abilità. Tutto comincia con la consapevolezza: il riconoscere che ciascuno porta con sé un particolare software mentale che deriva dal modo in cui è cresciuto, e che coloro che sono cresciuti in altre condizioni hanno, per le stesse ottime ragioni, un diverso software mentale. [...] Poi dovrebbe venire la conoscenza: se dobbiamo interagire con altre culture, dobbiamo imparare come sono queste culture, quali sono i loro simboli, i loro eroi, i loro riti. [...] Infine l'abilità di comunicare tra culture deriva dalla consapevolezza, dalla conoscenza e dall'esperienza personale"

(Geert Hofstede, Cultures and Organizations: Software of the Mind)

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Ci salverà la Qualità

Il mio corso di oggi è iniziato così:

"Qualsiasi lavoro tu faccia, se trasformi in arte ciò che stai facendo, con ogni probabilità scoprirai di essere divenuto per gli altri una persona interessante e non un oggetto. Questo perché le tue decisioni, fatte tenendo conto della Qualità, cambiano anche te. Meglio: non solo cambiano anche te e il lavoro, ma cambiano anche gli altri, perché la Qualità è come un'onda. Quel lavoro di Qualità che pensavi nessuno avrebbe notato viene notato eccome, e chi lo vede si sente un pochino meglio: probabilmente trasferirà negli altri questa sua sensazione ed in questo modo la Qualità continuerà a diffondersi."

(Robert Pirsig, Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta)

E questa sera, in metropolitana, ho quasi perso la fermata, perché questo libro mi cattura sempre, con la sua strana capacità di avere ogni volta un brano giusto per me. :)

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Post-it creativi

Mi immagino già  case, aule, uffici e libri che sorridono. Non si può resistere a questi post-it bellissimi, vincitori a New York del Designboom Art.

Io ho già  dilapidato un patrimonio in cassette di frutta e foglie! :)

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Come fioriscono i ciliegi

Tra marzo ed aprile, in Giappone, si festeggia la fioritura dei ciliegi, uno spettacolo meraviglioso e poetico, il cui nome è sakura, come la canzone popolare composta durante il periodo Edo per i bambini, ancora oggi una delle più popolari della tradizione giapponese. Oggi il Giappone mi parla così, e non solo di Lean Organization o di modelli organizzativi e gestionali del mondo Toyota.

Petali ovunque, occhi spalancati e vento leggero per ricoprire ogni cosa. Non cesserà mai di stupirmi, la complessità e la dicotomia umana. Ed oggi, pensando alla fioritura dei ciliegi, ho voglia di iniziare un'aula così, con la mente stupita da questo popolo che vive tra delicatissimi fiori rosa e pianificazioni rigidissime.

Buona fioritura dal mio Albero! :)

hanami

Sakura

Fior di ciliegio, fior di ciliegio Sulle colline e laggiù Fin dove puoi vedere È nebbia o nuvola? Profumato nel sole del mattino

Fior di ciliegio, fior di ciliegio In pieno boccio Fior di ciliegio, fior di ciliegio Per il cielo di primavera Fin dove puoi vedere È nebbia o nuvola? Profumato nell'aria Vieni, vieni! Andiamo a vedere!

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La stratigrafia aziendale

Nulla, nei miei sogni universitari, mi avrebbe mai fatto pensare di arrivare a fare, con tanto amore, il lavoro della formazione. Ma lo considero uno dei regali più grandi che la mia vita mi ha fatto, e forse è per questo che, oggi, sono sempre così assetata di contaminazioni, di connessioni, di legami segreti tra questi due mondi.

"Che cosa è, in fondo, l'archeologia? Io non so se l'archeologia debba essere definita come una forma d'arte o una scienza, Ma una cosa, almeno, è assolutamente chiara, cioè che l'archeologia è sempre più dipendente da una moltitudine di scienze e che l'archeologo, quando scava, non porta alla luce oggetti, ma esseri umani."

 

(Sir Mortimer Wheeler,Archaeology from the Earth)

 

La terra è depositaria di infiniti racconti: l'archeologia è la disciplina che può trascriverli, attraverso lo scavo stratigrafico. La stratigrafia è una tecnica archeologica che analizza e ricostruisce la sequenza delle stratificazioni del suolo, per ricostruire la storia della presenza umana su un territorio e per decifrare quelle "storie" che la terra può raccontare a chi sa decodificarne il linguaggio.

Nella necessità di una valutazione culturale, prima che tecnica, della lettura stratigrafica della realtà, ogni strato che emerge da uno scavo viene analizzato come un microcosmo nel quale i fenomeni naturali e le attività umane si intrecciano inestricabilmente. Per una piena comprensione di ciò che torna alla luce con la stratigrafia, il campo di analisi è fatto dei simboli, dei riti, degli oggetti, e di tutte le contaminazioni tra “materia” e “cultura umana”.

Si genera, in questo modo, un legame profondo con l’antropologia, che usa lo stesso approccio per comprendere l’uomo e la società.

Ma perché il legame con il mondo aziendale e con il “terreno” organizzativo?

Le aziende sono fatte di storia, di processi, di strutture, di persone: per questo motivo, per capire e per poter influire sugli strati più profondi di una cultura aziendale è cruciale decifrare l’azienda con un approccio antropologico e con un metodo archeologico, intercettando ogni “facies” del contesto aziendale e attingendo ai diversi saperi che un manager di spessore deve possedere.

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Questo post è dedicato a Daniela di Fnac, una amica ed una collega con cui è stato bellissimo lavorare, condividere, immaginare insieme contaminazioni e connessioni tra la formazione ed i milioni di altri mondi possibili. :)

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Buon anno!

casetta

Una prima immagine per questo nuovo anno: buoni progetti nuovi a tutti!

Che siano solidi, colorati, con scalette, finestre e piccoli balconi affacciati sul mondo. :)

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Una WBS natalizia

Ultimo corso di Project Management prima di Natale... ed ecco che, nella mia aula di architetti molto creativi, un partecipante mi ruba qualche post-it per creare un alberello molto ben sistemato all'interno di una WBS! Ed io rubo l'immagine per fare gli auguri di Natale! Grazie, Andrea! :)

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Le ultime foglie

Con l'inizio di novembre, penso sempre che, al di là del solstizio, inizi ufficiosamente l'inverno. E lo penso ancora di più da quando a Milano abito in un viale alberato, perché davvero, in questi giorni, gli alberi stanno lasciando andare tutte le foglie. Ed ecco che oggi, apro internet per leggere le notizie, ed una delle prime cose che trovo è questa vignetta. Forse è vero che c'è una striscia giusta per tutti, sempre, con i Peanuts. :)

ultimafoglia

Quest'anno, poi, novembre ha un significato un po' speciale, perché con ottobre si è concluso uno dei progetti più belli della mia vita, e, lasciando andare le ultime "foglie" di attività, e chiudendo gli ultimi file, anche io ho in fondo "spento la luce" della mia stanza di progetto.

Buon novembre, buon inverno, buoni progetti a tutti e buon inizio di nuove foglie!

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The Halloween guide to killing zombie projects

halloween

Che paura questi progetti...

Mi fa troppo ridere questo articolo, così la mia anima di project manager sempre un po' bimba non ha resistito... :)

There’s nothing worse than working on a project you know is dead. Somehow this project is still walking around but doesn’t realise it should be lying peacefully in a grave with a very heavy stone slab on top. Here’s our handy guide to spot and kill a zombie project.

Traits of a zombie project

Mobile but technically dead: Zombie projects look like they’re just a little slow, as they stagger along with a vaguely triangular skeleton of schedule, scope and budget. All its benefits appear to have decayed.

Lust for brains: A lot of resources have been thrown at this project and its hunger for people has been insatiable. Either the zombie project gobbles up the people or the people start to turn on the project, plotting ways to kill it. If you keep losing people to a project, it may be a zombie project!

Non-communicative, groaning and howling instead of speaking: All rational communication has been lost in the project. If the project sponsors, team and stakeholders can do nothing but lament, you may have a member of the undead on your hands.

How to kill a zombie project

Starve it of resources: Without resources, zombie projects will die a natural death. Redeploy your juicy, juicy brains—er, I mean people—to other more worthy projects and siphon off the budget. While this is the most passive way you can kill a zombie project, be warned that it is the least permanent as it leaves the possibility of the corpse being reanimated.

Decapitate it: Aim for the head and decapitate the zombie project with a fully loaded business case. You’ll also find that if you flaunt your business case at every opportunity, stakeholders tend not to argue with you about the now-truly-deceased zombie project.

Find and stop the zombie master: Understand why the zombie project is still alive: there’s always a ‘zombie master’. Identify the master—it may be a project sponsor or external stakeholder—and find out why s/he is keeping the project going. It may be related to personal KPIs or even ego.

Many thanks to Ian Sharpe and Michael Hickey for their zombie-killing advice.

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